Silvia Salis, Gramsci e noi
Автор: Pasquale Misuraca
Загружено: 2025-12-28
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Dialogo tra Gramsci e Pasolini
Accanto a me, sulla panchina ombrata dai pini del Parco del Colle Oppio, viene a sedersi Gramsci, con un libro sottobraccio. Mi saluta con un simpatico ‘Buon pomeriggio’, gli rispondo, lo apre e s’immerge nella lettura. Dalla copertina riconosco Lettere luterane di Pasolini.
Per un’ora buona lui legge io scrivo, l’uno accanto all’altro. Poi, a bruciapelo, mi fa: ‘Lo conosci questo Pasolini?’
“Sì…”
“Ho saputo che a novembre a Casarsa della Delizia si terrà un convegno su Gramsci e Pasolini, ci andrò… volevo leggere qualcosa di suo.”
“Hai fatto bene a scegliere il suo ultimo libro. Scrivendo i saggi qui raccolti lui ha riscoperto quello che tu hai scoperto scrivendo i Quaderni: che stiamo vivendo la crisi della civiltà moderna… Tu l’hai colta addirittura allo stato nascente e l’hai chiamata ‘crisi organica’…”
“Vedo che conosci i Quaderni… Dimmi un po’: come ha fatto Pasolini a riconoscere questa crisi come ‘crisi di civiltà’ - lui la chiama ‘mutazione antropologica’ - rimanendo dentro il marxismo? Io ho dovuto oltrepassarlo, con la scienza della storia e della politica… In lui non leggo una esperienza teorica del genere, è un artista, usa metafore… ‘la scomparsa delle lucciole’…”
“Anche ‘crisi organica’ è una metafora, non ti pare?... Lui ci è arrivato attraverso lo studio matto e disperatissimo e… una precisa esperienza. Era omosessuale, come avrai capito, e faceva ogni notte, ovunque si trovasse, in Italia in Africa in India, ossessivamente, l’amore con giovani. Ogni notte un giovane diverso, e verso la fine degli anni Sessanta ha notato che i corpi e i comportamenti di questi giovani erano ‘antropologicamente’ mutati…”
Mentre finisco di dire queste parole, Gramsci inquadra qualcuno alle mie spalle, mi volto, è Pasolini, che mi sorride e si rivolge a Gramsci così: “Anche tu hai parlato della fine della civiltà moderna? Nei Quaderni? Com’è che non me ne sono accorto?”
“Quando sei morto?”
“Nel 1975…”
“Non potevi. Non era ancora uscita l’edizione critica dei Quaderni. L’edizione precedente, quella tematica di Togliatti e Platone, era fatta ad arte per rendere difficile questo riconoscimento.”
“Hai capito già negli anni Venti che era iniziata la fine della civiltà moderna? Io ci sono arrivato soltanto negli anni Settanta… Tu, Antonio, come hai fatto?”
“Riflettendo autocriticamente sulla vittoria del fascismo, Pier Paolo. Anch’io, come te, ho sperimentato nella vita e nel lavoro che ‘ogni nostra cognizione principia dai sentimenti’ – come ha capito Leonardo da Vinci già nel Rinascimento e oggi Antonio Damasio va dimostrando. Nel caso tuo scintilla della cognizione è stato il sentimento della perdita - dello «spirito popolare creativo» nei corpi dei tuoi giovani amanti. Nel mio caso il sentimento della debolezza: i fascisti hanno vinto con l’uso della forza, sì, ma soprattutto per debolezza del marxismo.”
“Quale debolezza?”
“Il marxismo era contraddittorio alla radice: per capire il mondo decisiva è l’economia, per cambiarlo la politica.”
“Già… anche in Marx…”
“Sì. Il campo della politica era analiticamente secondario per lui, mentre nella prassi la politica era assolutamente primaria. Per ciò son dovuto andare non soltanto oltre il marxismo ma anche oltre Marx. “Perché gli Epigoni dovrebbero essere inferiori ai progenitori? Perché dovrebbe essere legato al concetto di Epigono quello di degenerato? Nella tragedia greca, gli «Epigoni» realmente portano a compimento l’impresa che i «Sette a Tebe» non erano riusciti a compiere.” Li hai letti tutti i Quaderni, vero?
“Mhmm… Quello che è toccato a te con i ‘compagni’, a me è toccato persino con gli ‘amici’.”
“Sì. Non hanno capito che quando scrivevo «crisi organica» parlavo di crisi della civiltà moderna. E i tuoi amici, i Moravia, i Calvino, non hanno compreso che di crisi di civiltà parlavi quando scrivevi di «fine del mondo». T’hanno risposto che le cose del mondo cambiano sempre e che la «fine del mondo» era una tua «drammatizzazione»… ”
Domando a Gramsci con un gesto Lettere luterane, me lo porge, leggo: “Le cose sempre cambiano. È vero. Il mondo ha eterni, inesauribili cambiamenti. Ogni qualche millennio, però, succede la fine del mondo. Se oggi voi camminate per una periferia, tale periferia vi dirà: «Qui non c’è più spirito popolare creativo. » ”
Sollevo gli occhi, Gramsci e Pasolini sono spariti, e mi ricordo d’essere uscito di casa proprio con il libro che stringo commosso in mano.
(Alias, supplemento culturale del quotidiano 'il manifesto', 4 settembre e 6 novembre 2021.)
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