Il ricorso in Cassazione

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Cos’è il ricorso in Cassazione?
E qual è la partita che giochiamo davanti al Supremo Collegio?

Dopo due gradi di giudizio l’ultima spiaggia del processo penale è la Cassazione. Ovvero andare a Roma ove risiede il Supremo Collegio e lì far valere le proprie ragioni.

Ma attenzione: il procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio, nel senso che il procedimento non sarà un INCENTRATO sul FATTO ma sul rispetto delle leggi e altresì sul controllo dell’argomentazione logica del Giudice del merito.

Devi assolutamente sapere che vi sono delle ipotesi tassative per il ricorso davanti ai Giudici del Supremo Collegio.

Una tra queste è, appunto, l’illogicità della motivazione.

Vale a dire quando il Giudice di primo o di secondo grado ha posto in essere una motivazione carente o illogica che non argomenta in modo corretto il caso in questione.

Il caso più eclatante è il travisamento degli atti processuali, ovvero quando il Tribunale o la Corte d’Appello ha interpretato scorrettamente gli atti processuali attribuendo loro una significazione impropria; oppure quando decide di condannare l’imputato su un elemento probatorio che non è presente negli atti processuali.

So bene che il ragionamento ti sembra complesso ma non preoccuparti perché adesso ti spiegherò questo PELOSO concetto con un esempio mutuato dalla mia esperienza giudiziaria.

Processo di violenza sessuale di gruppo.

Una ragazza partecipa ad un campeggio con un’allegra combriccola di amici. Beve molto alcol. Si sente male e perde i sensi. La notte la passa in tenda con due amici uomini. Black out totale. Dissolvenza.

La mattina dopo si sveglia e si accorge di avere gli slip abbassati.
Con sua grande sorpresa la ragazza si avvede che le mutandine presentano delle macchioline di sangue.

Ritiene di essere stata violentata.
Parte il processo per violenza sessuale di gruppo - in cui Difendevo uno degli imputati -.

Il Collegio Giudicante di primo grado conveniva con questa Difesa che non vi era stata nessuna prova di deflorazione della presunta persona offesa in quanto la consulenza Ginecologica della Difesa aveva dimostrato che le tracce ematiche rinvenute sugli slip della ragazza non erano conseguenza di una lesione imenale bensì di un’infezione vaginale.

Ma vi è di più.
Anche la ginecologa che aveva visitato la ragazza, nell’immediatezza del presunto fatto di reato, ravvisava nessun graffio ed abrasione.

Tutti d’accordo? Assolutamente no.
In secondo grado la Corte d’Appello ribalta questo tema di prova ritenendo, attraverso un ragionamento congetturale, che la perdita ematica era conseguenza di una possibile penetrazione digitale atteso che, probabilmente, durante la supposta violenza, lo sfregamento dell’unghia avrebbe determinato un taglio interno e che dunque tale azione avrebbe prodotto un sanguinamento.

Orbene, sotto il profilo tecnico, cosa notiamo?

Notiamo che la sentenza della Corte d’Appello è inquinata da una stortura logica perché poggia su un travisamento degli atti processuali poiché, all’interno del fascicolo processuale, non vi è nessuna prova da cui si possa ricavare che quel sangue fosse conseguenza di un taglio causato da un’unghia.

A parere della Difesa, dunque, il Giudice trae il suo convincimento da un elemento che non è emerso dall’istruttoria dibattimentale e quindi TRAVISA, DISTORCE, ALTERA le prove facenti parte del fascicolo processuale.

Ecco quindi che questo è motivo di censura da eccepire con forza innanzi alla Corte di Cassazione in quanto si dà per provato UNA CIRCOSTANZA SENZA UNA PROVA A SOSTEGNO.

Quale sarà l’esito?

Se la Cassazione NON condividerà l’impostazione del Difensore rigetterà il ricorso; se invece l’accoglierà potrà annullare la sentenza del Giudice di merito chiudendo lì il processo oppure rimettendo gli atti al Giudice territoriale.

Ma questa è un’altra storia.

I***

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